A conclusione dell’unità nazionale il Cavour inviò con la qualifica di Regio commissario generale per l'Umbria, il bolognese Carlo Pepoli. Questi elaborò il decreto di soppressione degli ordini religiosi per l’Umbria, che si ispirava a quello in vigore nel Regno di Sardegna. Quello che ci riguarda è l'articolo 1 datato 11 dicembre 1860, che sopprimeva tra le diverse famiglie religiose anche quella dei “PP. Conventuali addetti al Santuario di San Francesco di Assisi”.
Fino a quel momento erano 39 i religiosi che componevano la famiglia del Sacro Convento, nonostante ciò rimasero a curare il santuario senza particolari problemi per altri cinque anni. Tuttavia quando fu emanata la legge di soppressione nazionale del 7 luglio 1866, il 4 febbraio 1867 si procedette alla loro espulsione con notifica da parte dei responsabili del demanio.
Dalla Copia del certificato di espulsione dei religiosi leggiamo: «Entrarono nel refettorio, dove i religiosi allora allora avevano terminata la loro refezione (…). Questi lessero ad alta voce la sentenza o processo verbale di sfratto, ed il P. Custode (fr. Giovanni Serafini, n.d.r.) a nome proprio e degli altri religiosi protestò a voce ed in scritto contro quest'atto, dichiarando che non sarebbero usciti dal convento; al che rispose l’ufficiale che (…) avrebbe fatto accedere la forza dei carabinieri. Allora i Padri (…), cedevano alla violenza, ed abbandonarono tra le lacrime (…) eccettuati quelli che il Governo stesso lasciò (…), restringendoli nella parte addetta alla foresteria».
Rimasero come cappellani otto sacerdoti per l'ufficiatura della basilica, un altro per la parrocchia di S. Margherita ed infine sette fratelli religiosi: in tutto 16 frati. Il 17 gennaio 1868 fu ordinato di vendere all'asta i mobili e gli oggetti del convento, pertanto tavoli, letti, comodini, lucerne, attaccapanni, sedie, credenze, sgabelli, panche, utensili della cucina, del forno, della falegnameria, dei muratori e del molino della cantina furono acquistati con un ricavato irrisorio per la Cassa ecclesiastica.
La legge del 7 luglio 1866 accordò ai comuni la facoltà di servirsi dei beni soppressi, così quello di Assisi ottenne che gli fosse concesso l'uso della struttura per collocarvi il collegio Principe di Napoli. Avrebbe accolto i figli orfani dei maestri elementari, fu inaugurato il 4 ottobre 1875 e vi rimasero fino al 4 ottobre 1927. Fu trasformata la struttura interna da convento finalizzata ora a scuola e collegio, con gravi conseguenze per il patrimonio monumentale ed artistico dell’edificio.
La soppressione riguardò anche la biblioteca e gli archivi, così nel 1866 manoscritti e stampati furono ammucchiati alla rinfusa nei locali della biblioteca, cioè nell'ala occidentale del chiostro di Sisto IV e lì vi rimasero circa 20 anni. Infatti solo nel 1886 i libri chiusi in casse furono accantonati nel salone dei musici, mentre i codici furono portati in una sala del Palazzo dei priori chiusi in casse. Il grande archivio scomposto ed alla rinfusa, fu ammucchiato in una piccola stanza dell’ex convento e vi rimase fino al 1900, quando le proteste costrinsero il Comune a sistemare il prezioso tesoro culturale nel palazzo delle scuole superiori in via S. Francesco.
Il ritorno dei frati minori Conventuali fu possibile dopo cinquantadue anni di contestazioni e lotte giudiziarie, che ebbero come epilogo la convenzione impegnativa per l'Ordine di costruire la nuova sede del Collegio nella parte alta di Assisi, l’attuale piazza Matteotti. Il 4 ottobre 1927 avvenne la restituzione del Sacro Convento al fr. Alfonso Orlini, Ministro generale, che lo ricevette a nome dell'Ordine da parte del governo italiano nella persona di Pietro Fedele, Ministro della Pubblica istruzione. Il resto è storia a tutti conosciuta.
fr. Felice Autieri