L'omelia di padre Mauro Gambetti nella messa di domenica 5 luglio:
“Venite a me, voi tutti …prendete il mio giogo… imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita” (Mt 11,28-29).
Quattro momenti di un unico movimento: venite, prendete, imparate e troverete ristoro per la vita. Vorrei sottolinearli, scandendoli.
Venite. Volgetevi a me, guardate verso di me; vi darò ristoro, perché porto nel mondo il Regno d’amore del Padre. Nel vangelo che abbiamo appena ascoltato, Gesù si rivela come il re-messia, mite e umile, portatore di pace e di ristoro, così come è descritto nella prima lettura: “Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina” (Zac 9,9). Nella profezia di Zaccaria, il re viene a liberare il suo popolo dalle vessazioni, dalla miseria, dalle ingiustizie. L’immagine che mi sovviene è quella della Piana di Castelluccio, in piena fioritura: così penso al Regno di Dio, come ad uno splendido giardino in fiore. Venite! È l’invito di Gesù a volgersi verso la Bellezza che salverà il mondo; e ad entrarvi:
Prendete il mio giogo. Questo bellissimo giardino è difeso e custodito, reso inaccessibile affinché nessuno lo saccheggi o lo distrugga; l’ingresso nella Piana di Castelluccio è consentito tramite un unico varco, sorvegliato. La porta del Regno è Gesù, che si propone a noi umilmente. Non chiede nulla in cambio per introdurci nel meraviglioso prato dell’Amore, ma non permette che entriamo senza il suo giogo, ovvero senza di Lui, perché saremmo come elefanti in una cristalleria: per quanto ben intenzionati a non rovinare nulla, a non deturpare la bellezza, se non veniamo alleggeriti del peso e dell’ingombro di cui siamo portatori faremmo danni enormi. In altri termini, non esiste via d’uscita alla fatica del vivere e in particolare all’ulteriore fatica che la pandemia ci ha riservato. Però, è possibile aprirsi alla grazia che la feconda e la rende sorgente di nuova vita, se prendiamo il suo giogo di noi e ci incamminiamo con Lui nelle immense e splendide praterie del Regno del Padre. Per questo, imparate! Tradurrei così: fate esperienza di me, conoscetemi in profondità, nella mitezza ed umiltà che mi costituiscono. Accostarsi alla presenza umile di Gesù e godere solo del suo stare con noi, in intimità, come gli infanti che dipendono in tutto dal bene voluto loro, credo che significhi questo:
- smettiamo di poggiare la nostra esistenza sull’avere – debbo possedere per essere felice, sul sapere – devo aver ragione per essere sicuro, e sul potere – devo affermare la mia forza per vivere;
- non perdiamoci in altro pensiero o pretesa che non sia quello di poter conoscere Gesù, che ci vuole svelare il volto di Dio “misericordioso e pietoso […], lento all’ira e grande nell’amore […]. Fedele in tutte le sue parole e buono in tutte le sue opere – come descritto nel Salmo responsoriale. Non si tratta di qualità di Dio, insieme ad altre; no, è la verità di Dio, è Dio in se stesso, un Dio mite e umile di cuore.
Troverete. Ricordate in Genesi il racconto della creazione come si conclude? Dio cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto (Gn 2,2). L’espressione ‘cessare da ogni lavoro’ corrisponde a ‘riposare’. Ora, ‘riposare’ non è un verbo negativo, ma intrinsecamente positivo. Ciò che rende completa la creazione è quel ‘riposo’, sinonimo di pace, armonia, felicità, pienezza, vita eterna. Nella traduzione greca dei LXX il termine ‘riposo’ è tradotto con lo stesso vocabolo usato per le parole di Gesù: “Prendete il mio giogo sopra di voi…e troverete ristoro per la vostra vita”. Il ‘ristoro’ che offre Gesù è quel ‘riposo’ che caratterizza la completezza della creazione. Gesù è il compimento della nostra umanità! In lui la nostra umanità si compie, si realizza e si ‘riposa’ (cfr. Mt 5,5). In particolare, le caratteristiche del cuore di Gesù, mitezza e umiltà, costituiscono le coordinate di ogni possesso in pienezza, che dà soddisfazione al cuore assetato d’amore. La dolcezza e leggerezza della legge evangelica derivano da qui.
Mi soffermo su quest’ultimo passaggio, decisivo, perché il giogo di Gesù ha la forma soave della croce. A prima vista il giogo appare duro, contrassegnato dal vivere senza nulla di proprio, dal sapere di non sapere e dall’impotenza. In realtà, chi si immerge in quel cammino di mitezza ed umiltà del cuore di Gesù scopre che lì risiede il segreto dell’autentica umanità. Prendere quel ‘suo giogo', cioè portare ‘con lui' la croce, apre ad una nuova dimensione. Cambia tutto. Significa stare nell’insostenibile leggerezza dell’essere e, semplicemente, esserci. Nulla di più contrastante tra 'soavità' e 'croce'. Ma nulla di più vero di ciò che afferma Gesù: il mio giogo è dolce e il mio peso leggero. Mi sovviene l’esperienza di Francesco che abbraccia il lebbroso. Francesco resta senza difese davanti ad un uomo piagato, non sa cosa comporterà quell’incontro e accoglie tutta l’insicurezza, non può far nulla per lui se non condividere la stessa povera umanità crocifissa. Lo abbraccia e, come narra lui stesso nel suo Testamento, ciò che mi sembrava amaro mi fu mutato in dolcezza di animo e di corpo.
È la soavità della vita nello Spirito – che è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, mitezza. Tutt’altra cosa rispetto alla vita che, per usare le espressioni di San Paolo nella lettera ai Romani, è sotto il dominio della carne – che è preoccupazione, svalutazione, brama, indifferenza, violenza… Se lo Spirito di Dio […], abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che avita in voi. Nessuna situazione, per quanto drammatica e dolorosa, può contrastare la forza rinnovatrice e ricreatrice di Dio, nostro riposo!
Francesco, fratello di tutti, aiutaci ad abbracciare tutte le sofferenze dell’uomo di oggi e a farci prossimi gli uni degli altri per andare incontro al futuro uniti e animati da fiducia e speranza.
Tu che sei icona di Gesù Crocifisso, attraverso i tuoi piedi scalzi e feriti mostra a tutti la via della luce, con le tue mani trafitte e imploranti insegnaci le buone opere da compiere, la piaga del tuo costato apra la strada a chi desidera conoscere l’infinito amore per lui dell’Altissimo Onnipotente e Buon Signore, Dio eterno e misericordioso. Saremo così partecipi della Bellezza che ha salvato il mondo.