Quando Francesco si spogliò di tutte le sue vesti, lo fece in un tribunale ecclesiastico, trascinato dal padre Bernardone che lo aveva citato in giudizio per aver sottratto al negozio di famiglia le stoffe migliori e averle vendute a Foligno, insieme anche al mulo con cui le aveva trasportate, per raccogliere il denaro necessario per ricostruire la chiesetta di san Damiano.
Il vescovo, presente nel suo ruolo di giudice, chiese a Francesco di restituire il denaro a suo padre e il giovane gli restituì, insieme al provento della vendita, anche tutte le vesti che indossava.
Il significato che Francesco diede al suo gesto non fu quello di un semplice atto di risarcimento, tanto meno di orgogliosa e spettacolare affermazione di se stesso, ma quello della scoperta della propria reale identità nell'assunzione di una nuova figliolanza, quella di figlio di Dio Padre.
In qualche modo, la nudità scelta da Francesco rimanda alla nudità sulla Croce di Gesù il quale, seppur denudato delle sue vesti e rifiutato dagli uomini, si rivolge con fiducia al Padre, nelle cui mani rimette lo spirito (cfr. Luca 23,46).
Tommaso da Celano racconta così:
Dietro consiglio del vescovo della città, uomo molto pio che non riteneva giusto utilizzare per usi sacri denaro di male acquisto, l'uomo di Dio restituì al padre la somma, che voleva spendere per il restauro della chiesa. E davanti a molti che si erano lì riuniti e in ascolto: «D'ora in poi, - esclamò - potrò dire liberamente: Padre nostro, che sei nei cieli, non padre Pietro di Bernardone. Ecco, non solo gli restituisco il denaro, ma gli rendo pure tutte le vesti. Così, andrò nudo incontro al Signore» (FF 597).